Siamo una generazione bruciata, no?
E come negarlo.
Siamo fatti di cenere.
Siamo fatti di grigi e futili granuli
Che al primo soffio di vento
Si disperdono nel vuoto

Era la seconda o terza settimana di scuola.
Primo liceo, quindi è successo recentemente.
Era l’ora di italiano.
Noi, reduci di un compito di greco a dir poco disastroso, prendevamo appunti mentre la professoressa spiegava il ventiseiesimo canto di Dante.
D’un tratto si fermò.
Ci guardò uno ad uno, e più andava avanti con lo sguardo e più i suoi occhi cercavano di scavare nell’animo di ciascuno di noi.
Rimase in silenzio per un paio di secondi.
Poi disse con quasi il cuore in mano una serie di frasi che non dimenticherò mai.
E questo suo pensiero lo definisco il riassunto della mia intera vita passata, presente e futura.
Disse: “Vi vedo stanchi, sembra che abbiate il mondo sulle vostre spalle.
Non mi sembra di parlare con dei sedicenni, quindicenni, o quanti anni avete.
Mi pare di avere di fronte dei venticinquenni con il peso di una vita addosso.
Dai vostri volti si vede quanto la paura vi sta corrodendo. Come potete buttare i vostri anni più belli con questa pesantezza nell’anima. Dai sorridete.”
Io rimasi gelata. Tutti noi, da quelle parole, rimanemmo con la testa bassa a pensare.
Io socchiusi gli occhi
E pensai che quelle parole le avevo già sentite,
Quelle frasi sono ormai cliché per noi
Ce le dicono tutti,
Ce le sbattono in faccia i giornali
Ce lo dicono gli psicologi
Ce lo diciamo fra noi.
Quante volte, ragazzi, ci siamo detti queste testuali parole fra noi?: “dai, basta, non mi interessa!, al diavolo la scuola, voglio divertirmi!, lascio il Conservatorio per vedermi una volta in più con i miei amici!
Ma poi, ammettiamolo, ci sentiamo in colpa subito dopo.

Parole manomesse
Che avendole dette troppe volte hanno perso il loro valore
Parole manomesse che ormai non sappiamo più come esprimerci
Non sappiamo più come rivoluzionarci.
Tendiamo a ridere ma c’è qualcosa che ci blocca
Forse quella brusca paura di non vedere al di fuori di noi stessi
Quella costante fretta di crescere per sapere cosa c’è dopo
Quel timore di non essere riconosciuti e di non far parte di nessuno

Forse è questo che ci rende fragili
E qualcuno ce la fa
Qualcun altro no
E quando qualcuno cade
Ma non cade e si fa male,
Quando realmente qualcuno sprofonda
e tenta di fare i conti fra se e che i sentimenti più folli incominciano a distruggerti il cuore
E non ce la fai più
E tenti in tutti i modi di scacciare questi demoni da solo
Perchè in un mondo dove l’ego è smisurato
Dove si deve dimostrare di essere forti
E invincibili
Non vuoi aiuto
Perchè vuoi dimostrare dimostrare e dimostrare
Ma alla fine una piccola folata di vento
Ti uccide

E forse questa continua attesa di un futuro brillante
Di un sogno immaginario dettato da questa continua ossessione di perfezione
Concedi una sola speranza al tempo
E osservi il pendolo
Oscillare avanti e dietro avanti e dietro
Da sinistra verso destra da destra verso sinistra
E senti i secondi scanditi da tic
Un altro e un altro ancora
E ti lasci cullare da quel fastidioso rumore
Che smuove il tuo infinito mare di parole
E si sa quando affidi al pendolo il tuo cuore
Pian piano ogni piccolo pensiero ti corrode dentro
Ma tu sei troppo per chiedere un aiuto

Ho letto queste piccole e labili parole a un paio di persone, ed entrambe mi hanno dato il consiglio di dare al mio pensiero una nota di bellezza
Una nota di speranza.
E ci ho provato,
Ma poi ho pensato
Come posso dare speranza se sono io la prima disperata nel cercarla?
E perchè questa ricerca invana?
Perchè pochi o nessuno di noi, generazione bruciata, non trova fra quei granelli grigi che ci formano, un briciolo di questa felicità?
Perchè è così difficile?
Forse è questo continuo bombardamento di immagini,
Questa contino rinnovamento
Questi salti verso un futuro che ormai non è più nostro
Che siamo così stressati da tutto
Perchè abbiamo, anzi, ho paura
Si, ho paura
Di non essere al passo
A questi infiniti cambi
Che tutto sono fuorchè rivoluzione

E forse è questo che noi cerchiamo
Che qualcuno cambi le cose al posto nostro
Che qualcuno non si limiti ad “evolvere” il futuro
Ma a rivoluzionare il presente

Vogliamo qualcuno che in silenzio
Crei un caos che faccia vibrare le ossa

Ma perchè non iniziamo noi
A scompigliare questo ordine che sta distruggendo ogni briciolo di gioia
Sì, perchè è un metodo meccanico : silenzio, solitudine, corrosione, morte
Perchè io, noi, non siamo in grado di andare sotto la superficie
Di dire: cosa c’è dietro di te?
E chiedere: cosa ti sta succedendo, magari potrei darti una mano

Siamo troppo orgogliosi
Perchè in un mondo dove l’ego è smisurato
Dove si deve dimostrare di essere Forti
E invincibili
Non dai aiuto
Perchè vuoi dimostrare dimostrare e dimostrare
Ma alla fine una piccola folata di vento
Ti uccide

Ragazzi
L’indole umana sta nella solidarietà
Nella fratellanza e nella gentilezza
Perchè dobbiamo cambiare
anche le fondamenta che ci hanno permesso di “sopravvivere” fino ad ora

Rivoluzioniamo noi stessi
cercando di non piangere con lo sguardo basso
Ma di alzarlo e di osservare la bellezza del mondo

Generazione bruciata, no?
Ma i libri mi hanno insegnato che è dalle ceneri più nere
che possono nascere maestose Fenici.

26 nov. 2019 – h. 22:43 –

Alessandra Ungaro

Categorie: Pensieri