“Sono andate a dormire sorprese da un dolore profondo che non mi riesce di spiegare. Fanno come gli pare, si perdono al buio per poi ritornare”. Fanno così le parole di Antonella, come nei versi splendidi di Samuele Bersani, non a caso uno dei suoi cantautori preferiti.
Amava la musica, Antonella, quella italiana di Caparezza, Battiato, De André, quella con testi di valore. Parole in cui riconoscersi. Non conoscevo Antonella che diceva di essere una panina, Paninabella. La ragazza che a 13 anni, il 28 Novembre 2017, si è stancata di aspettare e ha scelto il suicidio. Dedicando le sue ultime ore a lasciare parole. Tracce di sé. Quelle parole che si erano perse ma dovevano tornare.
Tornano oggi a farci conoscere Anto in un libro, realizzazione di un sogno e anche di un progetto. “Avrei voluto vedere Londra e scrivere un libro. A beh. Mi accontenterò” ha scritto quel giorno in cima a un palazzo. Il libro c’è, grazie ai suoi genitori che hanno raccolto i suoi testi in un volume piccolo e sconfinato: “Io sono come il mare”. Il viaggio anche, perché in queste parole Anto risuona e intraprende una strada.
“Provate voi a fare il primo passo, a parlare con la sfigata di turno, o con il brutto mal sopportato. Andate contro i pregiudizi e quando si rivelano corretti continuate a scavare, perché ciò che gli altri pensano di noi si attacca come una seconda pelle”.
Che immagine potente, i giudizi che si attaccano come una seconda pelle. Soprattutto se si pensa all’adolescenza, periodo in cui la prima pelle è ancora in formazione. Aprire questo libro postumo è fare un atto di coraggio. Viene da chiedere il permesso per accedere a qualcosa che si percepisce subito come intimo, prezioso. Antonella racconta le sue storie, i suoi interessi. Racconta i suoi libri e le serie, i suoi pensieri e desideri. Persino come vorrebbe morire: “Uccisa, vorrei morire per omicidio o per una giusta causa”. E persino il suo peggior difetto: “Chiudermi troppo in me”.
Con una generosità straordinaria, Angela e Domenico, genitori di Antonella, hanno pubblicato queste parole che sono “nuvole sospese” e “spade fendenti” e hanno fondato un’associazione, Anto Paninabella, con cui le portano in giro. Per dire ai ragazzi di non tenersi dentro i dolori, di non sentirsi soli come scrive Antonella: “Non siete i soli a soffrire. Non siete soli“. E per dire ai genitori di non dare nulla per scontato. Antonella, per esempio, racconta se stessa in un modo che i suoi genitori non conoscevano. Genitori dalle cui parole, e azioni, traspare una cura particolare per questa figlia che amava il teatro, gli insetti e poltrire.
Mentre papà Domenico parlava dello scarto tra la figlia che conosceva e quella che lei stessa gli aveva tenuto segreta, mentre leggevo le parole di questa ragazza che si dipingeva “brutta, pigra, antipatica, orribile”, pensavo a Silente. Al dialogo dei Doni della morte quando Harry, appena ucciso da Voldemort, incontra Silente e gli chiede: “é vero tutto questo o sta accadendo solo nella mia testa?”. “Certo che sta accadendo nella tua testa – gli risponde Silente con la sua saggezza ironica – dovrebbe voler dire che non è vero?”. Lo dice bene Antonella, di quei giudizi e pensieri che si attaccano come una seconda pelle. “Le parole sono vere. Sono reali“, scrive lei. “Le parole sono, nella mia non modesta opinione, la nostra massima e inesauribile fonte di magia – afferma il Preside di Hogwarts – in grado sia di infliggere dolore sia di alleviarlo”. E così pensavo che quello scrigno nel mare di Antonella è così prezioso da far luce sul mio compito di madre, sui miei strumenti per proteggere. Forse la cosa più importante che possiamo fare con un figlio è insegnargli a chiedere aiuto.
E allora le sono grata. A lei e ai suoi genitori che dinanzi a una figlia che ha fatto l’errore di chiudersi troppo in sé, non l’hanno replicato. Che si sono aperti e hanno condiviso queste parole, anziché custodirle gelosamente. Che da quel suo errore partono. E camminano. Pinuccio Fazio, che con loro condivide il dolore della perdita più grande, ha detto: è lungo il cammino. Lungo davvero, non si può immaginare. Ma che meraviglia essersi messi in viaggio. Di nuovo Antonella mi ricorda un verso: “Le mie parole sono mio padre e mia madre. Un bacio a testa prima del sonno. Un altro prima di partire”.